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I NEGOZI CHIUDONO PERCHÉ LE TASSE SONO PIÙ ALTE DEGLI INCASSI

“Chiudiamo perché le tasse ci soffocano”

Questa è in assoluto l’affermazione – o la scusa, chiamiamola come meglio riteniamo opportuno – che sento più frequentemente emergere durante una liquidazione per cessazione attività.

Sembra proprio che ogni male riferito all’andamento di un’attività sia imputabile unicamente al regime di tassazione. Un pò tutti a nascondersi dietro al solito dito delle tasse, che sembrano essere il solo ed unico problema di un imprenditore italiano.

Quest’articolo lo scrivo di pancia, più che consapevole di ricevere una borsa di accidenti, ciò perché è un tema scottante, ma cercherò di mettere realmente in luce le motivazioni concrete che portano alla cessazione di un’attività.
 

Le tasse sono alte: lo sappiamo tutti

Chi fa business in Italia è più che consapevole di quanto effettivamente esista un cuneo fiscale sproporzionato, in special modo se paragonato a quanto effettivamente torna indietro in termini di servizi pubblici al cittadino.

Un tessuto economico che senza dubbio ha sùbito negli ultimi anni dei sensibilissimi cambiamenti coinvolgendo ogni categoria e settore merceologico, dalla più grande alla più piccola realtà commerciale.

Ciò detto e accettata tale condizione come un dato sul quale possiamo fare ben poco, ci rimangono due alternative possibili:

  • Continuare a lamentarci puntando sempre di più la lente d’ingrandimento su quanto effettivamente non funzioni in questo Paese, entrando così in Loop infinito di possibili alternative al costo di trasferire famiglia, casa e figli in chissà quale altra parte del mondo, che si è saputo (per sentito dire) funzioni meglio della nostra...
  • OPPURE reagire e orientare le proprie energie verso una focalizzazione ben precisa, conoscendo in origine la reale destinazione e tracciando la rotta in modo specifico.

Le ore che quotidianamente abbiamo a disposizione sono date, e devono essere spese verso attività in grado di creare una struttura forte e solida, un progetto ben congeniato e altrettanto realizzabile nel concreto.
 

Tasse troppo alte o incassi troppo bassi?

Troppe volte vengono imputate cause importanti come ad esempio la chiusura di un negozio a motivazioni come appunto la forte tassazione.

Quando un’attività chiude la causa non è imputabile al regime fiscale, piuttosto a quanto ad oggi quel determinato negozio “non guadagni”.

Le tasse si pagano in percentuale sui ricavi, se non esistono ricavi le tasse non ci sono, quindi non è possibile chiudere perché si pagano troppe tasse, bensì si chiude perché non ci sono entrate sufficienti a coprire i costi.

Soffocarsi di continue lamentele rischia di trasformarsi in un circolo vizioso, amplificato ancora di più dalla voce dei media come tv e quotidiani che godono nel trasmettere titoli e slogan sensazionalistici d’instabilità economica, alimentando ancora di più un clima di terrorismo psicologico.

È assolutamente VITALE per la prosperità di ogni attività presente sul territorio nazionale COMPRENDERE che imputare cause a terzi per la proprie direttive aziendali non salverà nessuno dal tracollo economico.

È prioritario:

  • Farsi carico del proprie responsabilità a prescindere dalle condizioni o dagli avvenimenti esterni
  • Mettersi nella condizione di colui che decide le condizioni della propria attività
  • Mettersi in discussione e realizzare effettivamente che dalla porta d’ingresso il cliente non entra, o quanto meno non entra né con la frequenza di qualche anno fa, né con lo spirito di acquisto che consentiva di vendere con facilità ad un consumatore di per sé già ben orientato e motivato
     

Ritrovare la propria identità differenziante

Tanti, tantissimi negozi stanno perdendo completamente la loro identità differenziante, si trovano a fare meno acquisti rispetto a cinque, sei, sette anni fa.

Vendendo meno, si acquista di meno, o in modo assolutamente morigerato, spinti dalla paura di non rivenderlo e ritrovarlo nuovamente all’interno dell’esposizione la stagione successiva.

Si sta assistendo ad un vero e proprio impoverimento delle attività al dettaglio.

Le nostre attività falliscono perché le tasse sono troppo alte? No, non è esattamente così.
 

I veri motivi per cui i negozi chiudono

Badate bene, non è uno scritto che favoreggia la tassazione in Italia, lo ripeto per l’ennesima volta: in proporzione ai servizi che ci tornano indietro, sono dannatamente troppo alte. Ma non è per questo che le attività vanno a gambe all’aria.

Le attività commerciali chiudono principalmente perché si sono venduti prodotti o servizi con margini troppo vicini alla soglia del realizzo, e per giunta in quantità minori.

Chiudono perché il proprio modello di business è sbagliato dalle fondamenta, reiterando modelli che andavano bene negli anni 80, negli anni 90, ad oggi quel ciclo di vita è finito, chiuso.

Non possiamo pensare di replicare nel tempo azioni che oggi quotidianamente il mercato ci conferma non funzionare più.

Ce lo dice a chiare lettere la strisciata di cassa a fine serata, la chiusure di bilancio, le scadenze che si riescono ad onorare a fatica.

Fortunato è colui che non ha ancora predisposto beni personali a copertura dei buchi che si generano quotidianamente con l’attività.

È la matematica che parla, sono i numeri che tutti i giorni ci vengono sbattuti in faccia a darci conferma che è cambiato il vento.
 

Un’attività in economia deve produrre dell’utile

Ci sta nel commercio che una stagione sia meno fortunata della precedente, che un anno risulti meno redditizio rispetto alla media, ci sta.

Quello che non esiste è leggere le chiusure di bilancio da cinque anni a questa parte e reiterare nel tempo le stesse identiche routine aspettando che qualche cosa cambi, non rendendoci responsabili della sorte della nostra attività.

Questo non può esistere. Perché allora sì che è corretto che tu venga sbattuto fuori dal mercato, è una selezione naturale, è fisiologico, chi non si riadatta, chi non si reinventa va fuori dal gioco.

Viviamo un mercato stracompetitivo, se pensiamo di affrontare la quotidianità con la stessa serenità e spensieratezza di 20, 30 anni fa ci sbagliammo di grosso, e i numeri sono lì a ricordarcelo.

Il mercato di oggi va vissuto con il coltello tra i denti, consci che non siamo più in competizione con l’esercizio di vicinato bensì con i maggiori player Mondiali di vendita on line, i quali vendono milioni di prodotti al giorno, possiedono tracciamenti di usi e abitudini, modelli di consumo per ogni singolo cliente entrato nella loro piattaforma.

E davvero pensiamo che il vero problema del mercato nazionale siano le tasse?
 

Modelli di business su misura per ogni singolo negozio

Il problema è che per vendere è necessario un sistema calato su ogni singola realtà, cucito come un abito sartoriale.
Il problema è che mentre si temporeggia, quando si aspetta sull’uscio che il cliente entri, i competitori muovono passi da giganti acquisendo un vantaggio competitivo incolmabile sul medio periodo.

Oggi le attività ce le siamo giocate pensando che questo fosse un periodo passeggero, un momento che per forza di cose doveva passare, proprio perché non avevamo mai fatto esperienza di uno stravolgimento tale.

Quello che mi stupisce è che non si sia ancora realizzato, o che non lo si voglia realizzare, che è in atto un cambiamento epocale in termini di abitudini di acquisto, e che l’unica arma che si utilizza quotidianamente è scendere in campo e abbassare giù i prezzi.

“Adesso faccio gli sconti, così gliela faccio vedere io”

… e poi? Una volta venduto il prodotto a soglia di realizzo o poco più, che cosa succede? Una volta ripianati i primi pagamenti, pagate le Ri.Ba., pagato il personale, pagati i costi di gestione dell’ultimo periodo, dopo qualche mese si è da cima a capo.

E allora cosa si fa?

Altri sconti! e così andare fino a che lo sconto non diventa l’incarnazione vivente del proprio modello di vendita, la sola e unica “arma” che verrà adottata indiscriminatamente tutto l’anno.

Ciò che manca è una visione nitida di dove sta andando il commercio e di come riadattare il proprio modello di business.

Ciò che manca è il motore che fa girare l’attività in maniera continuativa e costante mantenendone il controllo e avendo ben chiara la destinazione.

Ciò che è necessario non è puntare il dito verso UN PROBLEMA, sì perché le Tasse solo UNO dei tanti problemi, ma non l’origine di tutti i mali.
 

Una strategia di business valida 365 giorni all’anno

Ciò che è male è non possedere una strategia in origine su base 365 giorni l'anno che consenta di aumentare i fatturati e ancor più gli utili a fine anno.

Perché ciò che fa prosperare un’attività non è il fatturato, bensì l’utile, tutta la “ciccia” che rimane attaccata sull’osso a fine anno.

Se si continua a vendere prodotti a breack even ci saranno fatturati, forse… finché non ci sarà qualcuno disposto ad abbassare i prezzi più di noi. È in origine una strategia fallimentare che porterà al ridimensionamento e all’impoverimento dell’attività stessa perché si venderà con margini ai limiti della sopravvivenza.

3, 4, 5 anni poi? Chi vede il futuro di attività che hanno adottato questo modello insano di business? Non c’è futuro, o meglio è già di per sé un destino segnato: chiusura attività. Ma non a causa delle tasse troppo alte. Non a causa delle cartelle di Equitalia… quelle semmai ci danno il colpo di grazia, ma la testa dentro la ghigliottina l’abbiamo messa molto tempo prima che arrivasse il colpo finale del fisco.

Ci siamo giocati l’azienda vendendo indiscriminatamente prodotti sottocosto in maniera perpetua, spendendo quel poco che ne rimaneva a fine anno per vacanze, anziché reinvestirli sull’attività in termini di competenze.

Si chiude per l’incapacità di reinventarsi e riadattarsi ad un mercato ad oggi sempre più fluido e mutevole.

Si chiude per mancanza di capacità, per mancanza di coraggio, per mancanza di percezione di quanto sta accadendo intorno a noi.

In termini di coscienza è molto più conveniente imputare le cause di ogni male unicamente a ciò che accade “Fuori”!
Ci rendiamo impotenti nel gestire concretamente la nostra quotidianità anziché reagire prontamente.

È più che evidente che chi ad oggi vince nel mercato è chi ha apportato un radicale ricollocamento aziendale verso una specifica nicchia di clientela, a cui viene rivolta un’altrettanto specifica offerta di prodotto.
 

Conosci te stesso… e conosci il tuo target

Oggi chi vende possiede infuso nel proprio DNA aziendale questo cardine: sanare una specifica necessità o desiderio fortemente sentito dal consumatore.

Quindi senza una chiara visione di chi è il proprio cliente target, senza sapere a chi (come e quando) rivolgersi, né tantomeno possedere un display del prodotto in grado di sanare i requisiti suddetti, ci si muove unicamente alla cieca.

Tutto parte dallo stravolgere ciò che prima erano abitudini consolidate.

Tutto parte dall’impostare una serie di abitudini e ricondizionamenti mentali, e lasciarsi guidare un po’ da un nuovo istinto, rivolgendoci al nostro business in maniera nuova, come dei neofiti, partendo sempre dall’ascolto di quanto richiesto attualmente dal mercato.

È in atto una vera e propria rivoluzione del mercato.

Quando sento da alcune aziende che “è un momento passeggero, aspettiamo che qualche cosa cambi”… dentro di me mi fermo e dico: “ma non basta già?” Non è sufficiente chiudere i bilanci per almeno 3-5 anni consecutivi in perdita rispetto agli anni precedenti?

Credo che la linea di attesa si sia protratta così tanto a lungo che nel giro di qualche anno si potranno contare unicamente le pesanti ripercussioni subite dalle scelte non fatte, quando è più che evidente che sia in atto una vera e propria rivoluzione dei consumi, una vera e propria rivoluzione del sistema di acquisto da parte del consumatore finale.
 

La paura del cambiamento

In verità non è il loro stato di coscienza che parla, piuttosto il grado di paura che stanno sviluppando giorno dopo giorno nei confronti del cambiamento, che non è né più né meno che nascondere la polvere sotto il tappeto… è lì, se ne è consapevoli, la si sta unicamente accumulando, mentre altri magari – anche più piccoli in proporzioni di caratura aziendale – si sono attivati tempestivamente, reagendo alla spinta del mercato.

Esiste una forza alla quale tutti noi siamo soggetti, che se non vinta porta con sé considerevoli ripercussioni, è una forza che impatta enormemente sulla vita personale e professionale di ogni uno di noi: L'IMMOBILISMO.

La paura è una forza che se lasciata maturare troppo a lungo porta con sé ripercussioni su larga scala.

Le scelte negative, o ancora peggio le non scelte, che si sono fatte hanno dei riverberi all'interno dell'area professionale e personale di ogni uno di noi.

Le paure basiche che le persone hanno sono la paura del futuro, la paura del cambiamento, fa parte del processo mentale umano.

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